martedì 10 luglio 2012

116. 'Piantare un albero, avere un figlio, scrivere un libro' (Nico) Seconda stagione

Mi piace stare ai lati della strada, mi piace pensare che la vita sia un grande racconto... scritto da un grande creatore, questo creatore sogna per noi un avventura, luoghi esotici, amori unici; noi in quanto attori, dobbiamo solo affidarci a questo grande racconto e fluire. A volte l'auntore complica la trama, ci mette in situazioni estreme, mi piace pensare che tutto ha un senso, un perché. L'arte l'avora con chiaro- scuro, per far sì che esista la luce si ha bisogno dell'oscurità, per apprezzare la gioia si ha bisogno di tristezza. Ci costa accettare le meraviglie che l'autore ci regala, cerchiamo la felicità però non crediamo in lei, guardiamo il più piccolo particolare e interferiamo nel racconto. Bisogna accettare il ruolo che l'autore ci da nella sua storia... e occuparlo, perché quel ruolo è il migliore per noi, e essere consapevoli che stiamo viaggiando verso un finale felice, l'autore ama i finali felici. Se ci affidiamo all'autore e gli permettiamo di raccontare la sua storia attraverso di noi, ci riempirà di meraviglie, ci sarà ogni giorno un finale felice, in cambio ci chiede solamente di essere testimoni del suo racconto, di lasciare una testimonianza per quelli che verranno e continueranno questo racconto eterno. Piantare un albero, avere un figlio, scrivere un libro, si presume che sono le cose che tutti gli uomini devono fare, sono prove, testimoniano la nostra presenza nel racconto. Ho 15 figli, oggi ho piantato un albero e il mio libro comincia così...
Mio nonno ha avuto un sogno, che trasmise a mio padre, mio padre ha trasmesso quel sogno a me: incontrare Eudamón, l'isola dei bambini felici. Per anni ho cercato di percepire i segnali della vita, incontrare piste, enigmi, e mentre ero occupato in questo la vita mi ha portato magicamente verso Eudamón. Se uno lo permettesse, la vita ci porterebbe verso la strada che vogliamo percorrere, però ci costa fidarci, ci costa dare la mano alla vita e lasciarci condurre, e è così semplice... solo si tratta di mollare gli ormeggi e lasciarsi trasportare, lasciare che il vento ci porti dove dobbiamo andare, perché quando uno si trova nel posto dove deve stare... tutto fluisce, tutto è come deve essere. L'Eudamón di ognuno è vicino, a portata di mano, lo cerchiamo fuori, lontano, però è molto vicino, così vicino che a volte non lo vediamo. La vita è piena di segnali che ci conducono alla nostra Eudamón, bisogna solo vederli. L'autore sa come raccontare una storia, ci da la sete per poi darci l'acqua, ci da tristezza per poi darci allegria, ci da solitudine per poi darci amore, ci fa camminare nell'oscurità per poi arrivare alla luce. L'autore sa muovere i tasselli del puzzle, lui ha il bandolo della matassa. Se glielo permettiamo il creatore conduce ognuno alla sua propria Eudamón. Questo libro è la mia testimonianza 'su come sono arrivato alla mia Eudamón'.
Capitolo 1: "Segui il coniglio bianco".

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